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Lo Stagnone di Marsala è una delle lagune più grandi dell'intero Mediterraneo ed è anche una delle riserve naturali più antiche che sono mai state istituite nel nostro paese, nel 1984, dalla Regione Siciliana. Per secoli è stato un luogo di pellegrinaggio per moltissimi naturalisti interessati ad osservare la migrazione degli uccelli e la sua biodiversità è stata celebrata e ammirata in tutto il mondo anche grazie all'antica collezione ornitologica raccolta da Joseph Isaac Spadafora Whitaker, che ora si trova conservata in tre importanti musei inglesi: il Natural History Museum di Londra, il Royal Scottish Museum di Edimburgo e l‘Ulster Museum di Belfast.
La laguna è caratterizzata da acque particolarmente basse, mai superiori ai 2 m, ed è considerata da molti esperti il punto d'ingresso in Europa per moltissimi uccelli migratori di ritorno ogni anno dall'Africa. Tuttavia, recentemente un nuovo pericolo sembra minacciare questo fragile ecosistema tutelato anche da molteplici leggi nazionali e regionali: il kitesurf.
Questa è l'opinione di alcuni ambientalisti e ornitologi siciliani, che in seguito al crescente numero dei kiter (gli atleti che praticano questo sport) nel corso delle ultime settimane hanno cominciato a sollevare parecchi dubbi sull'attività e sull'impatto di questo sport sull'ecosistema e l'avifauna. Anche perché questo sport non prevede piccole imbarcazioni o delle semplici vele, ma grossi aquiloni grandi fino a 17 m quadrati, che possono arrecare parecchio disturbo, anche indiretto, agli uccelli che abitano questo territorio.

A preoccupare quelli che hanno a cuore questa riserva non è però solo la dimensione della singola vela che permette a un atleta di sollevarsi in volo, nuotando sopra la superficie del mare. Il vero problema è il grande successo che sta ottenendo questo sport a livello nazionale e che sta spingendo sempre più atleti e appassionati a raggiungere la Sicilia per solcare le onde dello Stagnone.
«In una tranquilla mattina di fine luglio saranno stati infatti un centinaio di vele a prendere il volo», ha dichiarato il circolo locale di Legambiente, di seguito alla nuova richiesta di chiarimento con il Libero Consorzio di Trapani, che sostituisce l'ex provincia e sostiene invece che non ci sia alcuna criticità e che grazie a questo sport sta aumentando il turismo all'interno della riserva.
Per quanto però il Libero Consorzio di Trapani stia cercando di minimizzare l'impatto di questo tipo di turismo sulle comunità animali, sempre più voci contrastanti si stanno sollevando sull'isola per ottenere quanto meno un accordo fra l'amministrazione pubblica, questo fiorente turismo e le necessità di un ambiente naturale che in teoria dovrebbe essere fra i più protetti dell'intera regione.
Fra queste voci abbiamo quella di Mario Lo Valvo, docente dell'Università di Palermo, che ha spiegato a Kodami quali sono i rischi per ecosistema e animali.
«Il problema principale che sussiste nella pratica di questo sport all'interno dello Stagnone è che gran parte dei kiter decide di buttarsi in acqua nella zona più delicata della riserva, quella zona A che secondo lo stesso regolamento dell'area protetta dovrebbe essere interdetta a qualsiasi tipologia di attività umana che preveda il disturbo all'ecosistema», spiega Lo Valvo, facendo riferimento alla zonizzazione originale dello Stagnone. Ed è proprio qui, in virtù della proteione totale prevista nella zona A, che gli ambientalisti fanno quadrato contro le risposte non soddisfacenti dell'ex provincia.
«È come se noi permettessimo di effettuare una partita di calcio all'interno del Tempio di Segesta o se qualcuno decidesse di concedere ad un circo di occupare per alcuni mesi l'interno del Colosseo – chiarisce critico il professore, spiegando che esiste una vera e propria dissonanza fra le necessità conservazionistiche dell'area e quello che sta accadendo – I kiter e molti abitanti non capiscono che come la Valle dei Templi o gli scavi di Pompei la zona A di un'area marina protetta e di una riserva naturale deve essere considerata un'area sacra. Che necessita ovvero di un maggior controllo e riverenza rispetto ad altre zone, che presentano minore importanza naturalista».

All'interno della zona A di una riserva, sostiene Lo Valvo, si vanno a trovare le principali forme di vita (piante e animali) che necessitano di maggiore protezione, oltre agli ambienti naturali meno contaminati dalle attività dell'uomo. Andare quindi a disturbare queste aree, come sta avvenendo per lo Stagnone di Marsala, per favorire uno sport che può essere praticato anche poco lontano, al di fuori dei confini della riserva, non solo andrebbe contro la ragione stessa per cui questi territori vengono tutelati, ma è equiparabile allo sfregio che molti turisti stranieri stanno arrecando ai beni monumentali italiani, provocando di fatto un danno alla comunità.
«Svolgere attività non previste all'interno delle aree protette non porta solo all'allontanamento delle specie selvatiche, ma anche al disturbo dell'ecosistema che ci rifornisce costantemente di beni e servizi, di cui molti ignorano persino l'esistenza – continua Lo Valvo, criticando il silenzio delle autorità coinvolte nella gestione dell'area – Se poi si vuole permettere agli appassionati e ai turisti di salire sui loro surf a prescindere del parere degli esperti e degli effetti sulla fauna e sull'ecosistema, basta trovare un "compromesso" tra le parti in causa. Per permettere infatti ai surfisti di continuare a veleggiare sullo Stagnone sarebbe necessario l'aggiornamento del regolamento della Riserva Naturale Isole dello Stagnone di Marsala, che prevede una revisione completa delle mappe, la presa di posizione del Consiglio regionale per la protezione del patrimonio naturale (CRPPN), dell'ISPRA e il coinvolgimento degli zoologi e dei biologi, che dovrebbero essere chiamati in causa per effettuare le valutazioni d'impatto ambientale, in grado di comprendere quali potrebbero essere le conseguenze di questa scelta».
In breve, quello che Lo Valvo sostiene è che è molto più semplice far rispettare le regole e indurre i kiter e i surfisti a nuotare poco oltre la zona di massima protezione della riserva, così da accontentare sia le esigenze turistiche che naturalistiche dell'area. Ma quali sono però le specie di uccelli più comuni dello Stagnone?

È sempre Lo Valvo ha illustrarci la comunità faunistica della riserva. Lo Stagnone da sempre è stata una laguna molto ricca di molluschi e di pesci, per quanto siano gli uccelli il suo fiore ad occhiello, molto apprezzati in tutto il bacino del Mediterraneo. All'interno della riserva abbiamo diverse colonie di fenicotteri (Phoenicopterus roseus), come di volpoche (Tadorna tadorna). Da luglio la riserva inoltre comincia ad ospitare i migratori autunnali, come i chiurli maggiori (Numenius arquata) e i mignattai (Plegadis falcinellus), descritti dal sito della riserva come fra le specie più particolari da poter osservare all'interno della Laguna.
Con il freddo invece arrivano il falco di palude e le anatre come moriglioni, alzavole, ma anche folaghe, germani reali, codoni, cormorani, marzaiole e i superbi aironi. Ed è proprio il mancato riconoscimento dell'importanza di queste specie rispetto ad altri beni culturali ad aver allertato le associazioni ambientaliste e le personalità più illustre della regione.
C'è però un'ulteriore ragione che dovrebbe spingere i gestori della riserva a limitare gli ingressi all'interno della laguna: la presenza di diversi reperti archeologici sotto al livello dell'acqua.

Come infatti ben sanno gli studiosi di storia antica, la laguna dello Stagnone di Marsala è stato il territorio di scontro di ben due battaglie navali, fra le più celebri in assoluto: la battaglia di Mozia affrontata fra Dionisio di Siracusa e i cartaginesi e la battaglia delle isole Egadi, che qualche secolo dopo ha avuto sempre i cartaginesi sconfitti, sta volta però nei confronti dei romani.
Quando era in vita, il compianto ex assessore e archeologo siciliano Sebastiano Tusa – morto in un incidente aereo nel 2019, mentre partiva per un convegno UNESCO in Etiopia – aveva effettuato diversi scavi sottomarini per recuperare gran parte dei ritrovamenti sommersi e si era speso affinché lo Stagnone potesse divenire un santuario naturalistico e archeologico, in modo da non turbare molto le sue acque. La stessa famiglia Whitaker con la sua associazione si è sempre spesa inoltre per preservare l'equilibrio ecologico e storico dell'area, dai tempi in cui hanno acquistato la proprietà dell'isola di Mozia, situata proprio al centro della laguna.
Far rispettare le regole e permettere agli archeologi e ai naturalisti di svolgere serenamente il proprio lavoro risulta quindi, secondo gli esperti, una delle poche soluzioni utili per rendere questa riserva non solo una delle tante aree naturali presenti nel territorio, ma una vera e propria attrattiva internazionale, in grado di rendere lo Stagnone una "Cattedrale della Natura" in grado di soddisfare le molte richieste dei turisti alla ricerca della vera Sicilia.