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25 Dicembre 2022
7:35

Il mosasauro: l’animale più temuto degli oceani preistorici

Il mosasauro fu uno dei più grandi carnivori che abbiano mai solcato gli oceani. Gregario e capace di sfruttare molteplici tecniche per cacciare, aveva pochi nemici naturali e fu uno delle specie più cosmopolite del tempo.

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Il mosasauro è fra i predatori marini preistorici più temuti e riconoscibili. Appartenente al genere omonimo, quando oggi ci riferiamo al mosasauro intendiamo quell'animale che visse nel Cretacico superiore, nel piano noto come Maastrichtiano, circa 70-65 milioni di anni fa. A differenza di quanto si crede, il mosasauro non è un dinosauro. Essere un rettile e comparire diverse volte nei prodotti mediali in cui i protagonisti sono i dinosauri lo ha sicuramente fatto spacciare come tale, ma in verità il mosasauro – come tanti altri rettili marini – è solo uno dei tanti loro cugini che si adattarono a vivere negli oceani e che appartenne al clade dei Playnota.

I suoi resti furono trovati in Europa occidentale, in Marocco e in Nord America a partire dalla fine del Settecento e perciò si auspica che visse all'interno dell'Oceano Tetide e del Proto Atlantico, in tratti di mare che si erano formati fra Africa, America Settentrionale ed Europa a seguito della deriva dei continenti e della frammentazione della Pangea. Il primo ritrovamento però avvenne a Maastricht in Olanda, sul fiume Mosa, e da allora cominciò un lungo e difficile studio dei suoi reperti. Il suo nome deriva proprio dalla località in cui fu scoperto l'olotipo (dal latino Mosa che indica il "fiume Mosa" e dal greco antico σαύρος/sauros che significa "lucertola").

Le specie finora scovate sono tredici, le cui principali sono M. hoffmannii – la specie più rappresentativa, la prima ad essere stata scoperta e l'ultima ad essersi evoluta -, M. missouriensis, M. conodon, M. lemonnieri e M. beaugei. Tutte hanno dimensioni e stazze diverse.

Come era fatto il mosasauro

Possiamo immaginare il mosasauro come una sorta di grossa lucertola che si è evoluta per attaccare grosse prede e banchi di pesci. La sua lunghezza totale era di circa 15 metri, per quanto il suo peso fosse relativamente ridotto, pesando meno di 12 tonnellate che non sono neanche il peso di tre elefanti africani maschi. La balenottera azzurra, con i suoi 30 metri di lunghezza, in confronto oggi ne pesa circa 180 tonnellate. Il suo cranio era invece molto sviluppato. Si parla di almeno 2 metri di lunghezza e la sua bocca era piena di denti scanalati e conici, che si erano evoluti per permettere al predatore di affondare il morso in profondità nella sua preda. Inoltre erano parzialmente ricurvi, come per gli squali, caratteristica che rendeva impossibile per le prede liberarsi dalle sue fauci.

Il collo invece era notoriamente corto, collegando la testa direttamente al tozzo corpo, che oltre ad essere robusto e costituito da potenti muscoli, era anche allungato, con una forma perfettamente idrodinamica che era adatta a fendere l'acqua e a sbucare "dal nulla" alle spalle o sotto la pancia di una possibile preda. Le pinne anteriori per questo erano maggiormente sviluppate rispetto a quelle di altri rettili marini dello stesso periodo, in quanto la forza e lo stile di nuoto del mosasauro erano probabilmente collegati all'ampiezza della pagaiata effettuata da ciascuna pinna, che permetteva improvvise accelerazioni.

La coda dell'animale era invece un'appendice molto forte e sinuosa, e alcuni reperti suggeriscono che la sua punta avesse una biforcazione, assumendo una forma nota come bilobata. Durante il nuoto il corpo rimaneva fermo per ridurre la resistenza attraverso l'acqua, mentre l'estremità della coda forniva una potente propulsione.

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Secondo un recente studio, pubblicato online da Cambridge University Press, il mosasauro presenterebbe un premascellare con un rostro corto e conico, e una mascella con nessun canale dorsale per le narici esterne.  Inoltre M. hoffmannii si distinguerebbe dalle altre specie assegnabili al genere per l'angolo anteroventrale formato sulla rima timpanica del quadrato, la carena asimmetrica dei denti marginali anteriori che dividono la circonferenza del dente in un breve segmento labiale e un lungo segmento linguale, e per l'espansione prossimale e distale del femore.

Inoltre è molto interessante il confronto che è stato possibile effettuare fra quest'animale e il nostro contemporaneo varano di Komodo (Varanus komodoensis), che risulta fra tutti gli squamati attualmente viventi la specie più simile. Infatti nel 2009, uno studio ha descritto alcuni esemplari di mosasauro con impronte di pelle ben conservata, tutti provenienti della formazione Muwaqqar di Harrana, in Giordania, che hanno trovato nuove somiglianze fra queste specie. La loro pelle era ricoperta da piccole scaglie a forma di diamante che si sovrapponevano fra loro, fra cui alcune scaglie carenate, molto simili a quelle dei moderni varani, che ricoprivano la parte superiore del corpo.

Abitudini e comportamento

La grande abbondanza di fossili di mosasauro ci permette di considerarli come degli animali gregari, che si spostavano in piccoli gruppi per coprire un vasto territorio e che si radunavano a seguito della morte di qualche grosso animale, come succede oggi per alcune specie di squali attorno ai cadaveri delle grosse balene.
Essendo comunque dei rettili marini, dotati di ampi polmoni, i mosasauri potevano rimanere a lungo in immersione, compiendo agguati nei confronti dei banchi di pesce più ricchi e di grosse prede. Questo però non gli impediva di essere costretti nel risalire in superficie per respirare, dopo un po' di tempo. La vita gregaria inoltre presentava per loro un grande vantaggio. Nonostante le dimensioni, questi grossi rettili marini avevano molteplici nemici naturali, rappresentati principalmente da grossi pliosauri e i gruppi di squali giganti. Viaggiare e immergersi in gruppo offriva maggiori possibilità di difesa nei confronti di eventuali attacchi.

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I paleontologi ritengono che i mosasauri fossero degli organismi ovovivipari. Questo obbligava le madri ad avere una gestazione che li induceva a parecchi pericoli. I piccoli uscivano dalle uova all'interno dell'utero materno, dove sarebbero stati nutriti da una specie di succo proteico, in maniera similare agli attuali squali. Al momento del parto, inoltre, i piccoli sopravvissuti alla gestazione rischiavano di morire tra l'altro soffocati, a causa del temporaneo blocco dell'afflusso di ossigeno proveniente dalla madre. Questo fenomeno spingeva i mosasauri partorienti a nuotare vicino la superficie, per rendere più agevole il viaggio verso la superficie e il primo respiro ai piccoli, che rappresentava e rappresenta ancora uno dei momenti più delicati dell'intera esistenza di tutti i vertebrati marini dotati di polmoni.

Grazie ad alcuni eccezionali ritrovamenti, sappiamo qual era la dieta dell'animale. Nello stomaco di alcuni reperti sono stati trovati infatti esemplari di seppie e calamari giganti, oltre che a pesci delle dimensioni degli attuali tonni e scheletri di mosasauro di taglia inferiore. Questo però non deve indurre a pensare che il mosasauro fosse per forze di cose un cannibale. Probabilmente la presenza di uno scheletro di mosasauro all'interno della pancia di un esemplare di taglia maggiore può spiegarsi con la predazione di specie più piccole.

Esistono anche delle tracce di predazione dei mosasauri su antiche ammoniti. Questo ha permesso agli scienziati di comprendere quanto variegata potesse essere la dieta di questi giganti del mare.

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Ammonite con tracce di un morso di Mosasauro

Storia della scoperta

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L’esemplare TM 7424, il primo cranio trovato nel 1764

Il primo fossile noto alla scienza di mosasauro fu un cranio frammentario, ritrovato in una cava di gesso mei pressi di una collina di Maastricht, nel 1764. Il reperto fu collezionato dal tenente Jean Baptiste Drouin, nel 1766, per poi essere regalato al Museo Teylers, a Haarlem, nel 1784 da Martinus van Marum. Martinus divenne presto il primo direttore del museo, che ritenne che il fossile avesse le ossa di un "grande pesce che respira" o di una balena che si era spinta all'interno di un antico alvo fluviale, che sorgeva vicino Maastricht. Ovviamente all'epoca non era ancora chiaro come nel Cretaceo l'area attorno al luogo del ritrovamento non fosse emerso. Il primo fossile fa ancora parte comunque della collezione del museo Teylers, classificato come l'esemplare TM 7424.

Dopo il 1780 furono ritrovati altri crani sempre vicino al fiume Mosa, ma a seguito delle guerre napoleoniche e della rivoluzione francese, per anni Maastricht fu occupata dagli eserciti francesi, che cercarono di trasportare vari fossili, per arricchire i musei della Francia. Questo rallentò molto lo studio di questi reperti e la scoperta di nuovi fossili, ma portò la collezione del nuovo Museo nazionale di storia naturale di Francia ad accumulare ossa e denti appartenuti a questa specie.

Fu così che nel 1978 Faujas de Saint-Fond pubblicò il suo libro Histoire naturelle de la montagne de Saint-Pierre de Maestricht, che conteneva la storia del ritrovamento del primo fossile e che gli permise di identificarlo come appartenente ad un grosso coccodrillo. Sempre nello stesso anno Adriaan Gilles Camper studiò ancora una volta il reperto e andando contro al collega, fu il primo a proporre la conclusione che i resti appartenessero a un gigantesco varano.

Oggi sappiamo che entrambe le proposte erano completamente sbagliate. Per quanto infatti nel 1808 Georges Cuvier, padre della moderna paleontologia francese e dell'Anatomia comparata, confermasse l'idea di Camper, fu solo nel 1854 che il biologo tedesco Hermann Schlegel ipotizzò che il Mosasaurus avesse delle pinne al posto di zampe da rettile. Questo comportava a rigor di logica che non appartenesse né al gruppo dei coccodrilli né a quelli dei varani.

Nel 1822 fu invece William Daniel Conybeare a coniare il nome Mosasaurus, dal luogo dove è stato rinvenuto il secondo cranio, quello che permise l'identificazione della specie (l'olotipo MNHNP AC9648). Il nome specifico hoffmannii è stato aggiunto da Gideon Mantell nel 1829, in onore di Hoffmann, sul presupposto che era stato lui a scoprire per primo il reperto del campione tipo.

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Durante il corso della seconda metà dell'Ottocento, con la diffusione della teoria evoluzionistica di Darwin, sempre più paleontologi si convinsero che la proposta di Schlegel era corretta. Attorno al 1870, quasi in tutti i musei d'Europa ormai le collezioni possedevano dei calchi dei crani ritrovati, che venivano descritti come antichi parenti delle lucertole che controllavano gli oceani durante il periodo di egemonia dei dinosauri sulla terra ferma.

Recentemente sono stati notevoli e numerosi i ritrovamenti di mosasauri, anche non appartenenti al genere Mosasaururus, come l’Ectenosaurus everhartorum. Queste scoperte hanno permesso di chiarire la diffusione e l'evoluzione di questi animali, che durante il corso del cretaceo assunsero il ruolo di specie egemone in buona parte degli ecosistemi marini.

Il Mosasauro nella cultura di massa

Il mosasauro compare in diversi prodotti multimediali, fra cui molti documentari della serie BBC Walking with Dinosaurs.

É stata però la sua presenza nell'ultima trilogia di Jurassic World del 2015 a renderlo definitivamente uno degli animali preistorici più apprezzati dalla massa.

Nei film le sue dimensioni sono state volutamente esagerate, tanto che all'inizio di Jurrassic World Dominion l'animale dovrebbe essere lungo più di 100 metri. Improponibile, anche per un colosso come lui.

A seguito del successo ottenuto dai film, il mosasauro è presente anche all'interno dei videogiochi del franchise, fra cui Jurassic World Evolution 2. In questo titolo abbiamo il compito di gestire il parco giurassico e fra gli animai che dobbiamo produrre, nutrire e tenere al sicuro – sempre se non vogliamo vederlo attaccare altre specie presenti negli acquari – c'è proprio il mostruoso mosasauro del primo Jurassic World.

Prima di ottenere il grande successo di pubblico dovuto alla saga giurassica, che ha spinto il Mosasauro a divenire uno dei giocattoli più richiesti, l'animale era apparso anche nei film Quando i dinosauri si mordevano la coda del 1970, Paura primordiale del 2007 e nei videogiochi della serie di Dino Crisis. Il secondo capitolo viene ricordato come uno dei capisaldi dei videogiochi horror, che spinsero moltissimi giovani ad inizio anni 2000 a comprare le prime console Playstation.

Infine nel romanzo scritto dal paleontologo Robert T. Bakker, dal titolo Raptor Red, il ghigno terrificante di un mosasauro allontana una femmina di Utahraptor da una spiaggia e uccide un Acrocanthosaurus.

Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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