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Una particolare statua, proveniente dal Partenone ma oggi esposta al Museo nazionale di Copenaghen, in Danimarca, sta creando delle vere e proprie difficoltà agli archeologi, tanto che un team ha deciso di dedicargli un approfondimento, pubblicato sulle pagine di Heritage Science, una delle principali riviste di archeologia.
Questa statua è una testa di marmo, un tempo appartenente ad un centauro, una di quelle leggendarie creature che adornavano i frontoni dei templi greci. I centauri nella mitologia greca erano un popolo nomade, formati da uomini che avevano la parte inferiore del corpo simile a quella dei cavalli, essendo dotati di 4 zampe e di un corpo equino, oltre ad un torso e di una testa umana con due braccia.
La scena in cui doveva essere inserita la statua faceva parte della rappresentazione della battaglia dei Lapiti,il mitologico scontro avvenuto durante la festa nuziale dell'amico di Teseo, Piritoo, in cui i centauri si contraddistinsero per il loro "cattivo" comportamento. Secondo la leggenda, molestarono infatti la sposa e sporcarono di fango le vesti di molte invitate, calpestando tra l'altro i tavoli imbanditi come una mandria impazzita.
Per ragioni ancora misteriose, parti della statua sono oggi ricoperte da una sottile pellicola marrone, di cui si ignora la composizione, così come molti altri frammenti provenienti del Partenone. La prima volta in cui un archeologo notò questa sostanza fu nel 1830, quando un restauratore del British Museum ne segnalò la presenza su altri reperti.
Nel tempo gli scienziati hanno cercato di aiutare i loro colleghi archeologi innumerevoli volte, proponendo diversi metodi che potessero indagare la composizione chimica di questa sostanza che deturpa alcune opere. Purtroppo, però, a causa dell'elevato valore dei reperti e per la difficoltà nell'analizzare con la massima precisione la composizione di tale sostanze, fino ad oggi la sua natura è rimasta sconosciuta. Alcuni hanno ipotizzato che il colore marrone provenga da pitture antiche, mentre altre hanno proposto che potessero essere il risultato di una reazione chimica tra il marmo e l'aria.
Il team danese che ha lavorato al nuovo articolo ha però proposto un'altra soluzione: le macchie sono composte da acido ossalico, alcune alghe e da diversi funghi che hanno tentato di cibarsi del guano accumulatisi nel tempo, sopra i frontoni del Partenone. Per verificare questa ipotesi, hanno quindi nuovamente analizzato chimicamente la superficie della testa del centauro, usando le moderne tecnologie, nel tentativo di scoprire la composizione. «Volevamo in particolare verificare se le macchie potessero essersi formate a causa del comportamento di qualche organismo biologico – ha dichiarato Kaare Lund Rasmussen, esperto in analisi chimiche di reperti storici e archeologici all‘Università della Danimarca meridionale – Questa teoria era stata suggerita in precedenza, ma non era stato identificato alcun organismo specifico».
Questo studio ha coinvolto anche una specialista italiana, Ilaria Bonaduce dell'Università di Pisa, a cui è stato permesso insieme al resto del team di prelevare cinque piccoli campioni dalla parte posteriore della statua. Questi frammenti sono stati sottoposti a innumerevoli metodi di analisi, tra cui un'indagine chimica delle proteine e la spettrometria di massa al plasma.

Anche con questi sforzi, però, gli scienziati non hanno trovato tracce biologiche sulla superficie dei reperti, andando contro alla teoria formulata. «Abbiamo trovato solo le nostre impronte digitali e forse un uovo di uccello che si ruppe sul marmo in tempi antichi – ha affermato Kaare Lund Rasmussen – Ciò non prova che non sia mai esistita una sostanza biologica o un animale in grado di produrre queste macchie, ma ne riduce significativamente la probabilità, rendendo ora meno probabile la presenza antica di un organismo in grado di vivere tra i marmi del Partenone».
L'analisi ha tuttavia permesso di scoprire che la pellicola sopra la statua del centauro è composta da due strati separati, approssimativamente dello stesso spessore di circa 50 micrometri. Questi strati differiscono in termini di composizione di alcuni elementi, seppur entrambi hanno minerali come la weddellite e la whewellite.
L'origine storica del mito dei centauri è invece molto antica. Secondo gli archeologi e gli storici, i miti inerenti queste creature comparvero in Occidente tramite l'arrivo di moltissime popolazioni nomadi dalle steppe dell'Asia centrale, che al contrario degli Europei erano riusciti ad addomesticare i cavalli e a cavalcarli. Lo stupore procurato da queste innovazione portò i primi popoli che abitavano la Grecia, tradizionalmente definiti come popoli minoici e micenei, a temere i cavalli e a credere che queste popolazioni fossero composti da "mostri", dotati di 6 arti e da un corpo animale. Solo successivamente, di seguito alla fine delle loro scorribande verso sud, i greci si accorsero che in verità quei popoli erano formati solo da uomini, legati indissolubilmente ai loro cavalli.
La statua del centauro, invece, arrivò in Danimarca insieme ad un'altra statua del Partenone nel 1688, come dono al re Cristiano V. Fu portata dal capitano danese Moritz Hartmand, che aveva prestato servizio nella flotta veneziana e che fu presente durante il bombardamento dell'Acropoli di Atene nel 1687.