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21 Gennaio 2023
11:00

Il cambiamento climatico rischia di far estinguere le stelle marine con pesanti conseguenze ecologiche

Le proiezioni climatiche sul futuro degli oceani gettano parecchie perplessità sulla sopravvivenza delle stelle marine, tra i più importanti echinodermi capaci di mitigare gli effetti ecologici di altre specie.

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Entro solo ottant'anni i nostri mari e i nostri oceani rischiano di perdere alcune delle specie marine più famose e belle che esistono, a causa del percolo rappresentato dal surriscaldamento globale.

Gli scienziati del dipartimento di Ecologia Marina del Centro per gli Oceani di Kiel, in Germania, ne sono convinti. Con l'articolo che hanno infatti pubblicato lo scorso 18 gennaio sulla rivista  Proceedings of the Royal Society B: Biological Sciences, hanno infatti mostrato come la sopravvivenza di questa specie potrebbe essere in pericolo, a causa delle sempre più frequenti ed intense ondate di calore che destabilizzano la specie. Mentre infatti negli scorsi decenni questi eventi erano solo molto rari e duravano solo alcuni giorni, la durata media di questi fenomeni ha raggiunto il record di circa 9 giorni consecutivi, mentre in futuro potrebbero essere persino di 13 giorni e presentarsi durante l'intero corso dell'anno.

Questo è quello che più preoccupa i ricercatori, anche perché l'estinzione di centinaia di specie di stelle marine dai nostri oceani condannerebbe gli ecosistemi marini al collasso del fragile rapporto preda-predatore, evidenziato dalla legge di Lokta-Volterra, che oggi garantisce la sopravvivenza di molti organismi che coabitano nella stessa comunità.

Testando sperimentalmente il loro modello rifacendosi alla specie Asterias rubens,  che è la stella marina più comune  nell'oceano Atlantico come sul Mar Baltico, gli scienziati hanno calcolato l'impatto delle ondate di calore estivo sul consumo delle cozze d'allevamento. 60 stelle marine sono state così raggruppati in cinque esperimenti di 12 individui ciascuno, affinché si potessero modulare e studiare cinque differenti condizioni termiche. 

Il risultato è stato abbastanza sconfortante. Negli esperimenti in cui si presentavano condizioni termiche paragonabili alle future ondate di caldo previste (+8°C al di sopra della temperatura media dell'aria per 13 giorni consecutivi), i colpi di calore hanno ucciso il 100% delle stelle marine. Questo ovviamente ha provocato un aumento del numero di parassiti e di predatori delle cozze, che hanno subito l'impatto negativo della scomparsa delle stelle marine. Infatti, per quanto spesso le stesse stelle si nutrano di mitili, la presenza delle stelle marine mitiga la presenza di predatori e parassiti più voraci, che potrebbero arrecare anche seri danni alla coltura delle cozze.

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Un esemplare di Asterias rubens

Bisogna anche dire che una precedente esposizione a un'attuale ondata di caldo, che presenta 5°C al di sopra della media fino a 9 giorni, ha "alleviato" lo stress della successiva risalita, mostrando come le stelle marine possono disporre di una tolleranza notevole nei confronti di incrementi notevoli della temperatura. Dunque non tutto sarebbe perduto. Limitare le emissioni di gas serra potrebbe contribuire a limitare la durata e l'intensità delle ondate di calore e salvare il futuro delle stelle marine e degli ecosistemi in cui svolgono un ruolo importante.

«Tuttavia» affermano gli scienziati tedeschi, spiegando l'importanza di mantenere sotto controllo la durata di questi fenomeni «gli impatti delle odierne ondate di caldo su A. rubens sono stati solo transitori e la stella marina potrebbe riprendere a nutrirsi dopo la fine delle ondate di caldo. Gli individui che hanno sperimentato ondate di calore dell'intensità e della durata odierne hanno infatti consumato complessivamente tante cozze quanto le stelle marine che non hanno mai sperimentato un'ondata di caldo. Al contrario, una pronunciata riduzione indotta dal calore dell'attività di alimentazione durante gli eventi di caldo estremo ha causato una riduzione complessiva del consumo di cozze del 53% rispetto alle stelle marine nel trattamento che non presentavano ondate di caldo».

Logicamente gli scienziati hanno adoperato una scelta delle temperature utilizzate relativa alle previsioni di innalzamento della temperatura dei prossimi decenni. Perciò le previsioni così ottenute non possono che mettere in soggezione tutti gli appassionati di biologia marina come gli esperti e i produttori di mitili, che tra l'altro risentano anch'essi dell'eccesivo innalzamento delle temperature.

«Il nostro lavoro dimostra che gli eventi di impulso a breve termine, ma estremi, possono avere un impatto significativo sulle specie marine» concludono gli scienziati nel loro articolo. «Di conseguenza, le ondate di calore e la risalita ridurranno temporaneamente la pressione di alimentazione in situ di questo predatore chiave, A. rubens, sui banchi di mitili con possibili conseguenze a cascata sull'intero ecosistema nel Mar Baltico occidentale e potenzialmente in altre regioni temperate dell'Atlantico settentrionale. Tuttavia, stiamo solo iniziando a comprendere tali fenomeni nel regno marino».

Nel suo complesso, questo studio dunque dimostra l'importanza del valore nel considerare da qui in avanti le fluttuazioni ambientali e la necessità di valutare l'effetto concomitante di eventi estremi, per fornire proiezioni sempre più realistiche e corrette ai politici e agli amministratori locali. Tali proiezioni infatti devono mostrare come gli ecosistemi marini possono trasformarsi durante il cambiamento climatico, con impatti potenzialmente negativi per la sopravvivenza delle specie e degli stessi esseri umani.

Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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