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6 Ottobre 2022
16:50

Basta una patina di petrolio più sottile di un capello per rovinare le piume degli uccelli

Un recente studio evidenzia come anche una sottile lamina di petrolio spessa tra 0,1 e 3 micrometri possa danneggiare le piume degli uccelli di mare.

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Grazie a un nuovo studio è stato scoperto che gli sversamenti di petrolio in mare possono essere più pericolosi per gli uccelli marini di quanto pensiamo. Secondo gli autori basta una patina di petrolio sull'acqua con uno spessore inferiore all'1% di un capello per danneggiare considerevolmente le piume di questi animali.

Nel corso degli anni siamo stati esposti spesso a immagini di petroliere che riversavano il proprio contenuto in mare. Tonnellate di acciaio squarciate su un lato per via di fenomeni atmosferici avversi o decisioni sbagliate dell'equipaggio, giganti feriti che rilasciano il loro prezioso sangue nero iridescente in acqua.

Questa risorsa così preziosa per l'uomo inevitabilmente finisce col danneggiare piante e animali che abitano gli ecosistemi marini, e grazie alla ricerca dell'University College Cork, in Irlanda, pubblicata su Royal Society Open Science, oggi sappiamo di più sui pericoli che corrono gli uccelli acquatici.

I grandi disastri ecologici causati dal petrolio

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Sforzi di pulizia dopo l’incidente della Exxon Valdez, foto di PH2 POCHE via Wikimedia Commons

Questi ricercatori, e in generale molti irlandesi, sono abituati a sentire la forte brezza marina abbattersi sulle alte scogliere della loro isola e sviluppano un naturale attaccamento a quelle vaste distese d'acqua che lambiscono con forza le rocce. Per chi prova un amore così forte per il mare e i suoi abitanti, la vista di uccelli marini invischiati in un nero mantello di petrolio deve essere straziante.

Purtroppo proprio questa nera coperta è spesso la protagonista di grandi disastri ecologici, come quello della Exxon Valdez, una superpetroliera che il l 24 marzo 1989 si incagliò in una scogliera nello stretto di Prince William, un'insenatura del golfo dell'Alaska, disperdendo in mare 40,9 milioni di litri di petrolio.

Le stime ecologiche dell'accaduto furono disastrose: migliaia di animali perirono a causa della fuoriuscita con una stima di circa 250.000 uccelli marini, 2.800 lontre, 300 foche, 250 aquile di mare testabianca, 22 orche e miliardi di uova di salmone e aringa. I danni ambientali che ne conseguirono costrinsero il governo degli Stati Uniti a rivedere i requisiti di sicurezza delle petroliere e ad assegnare i costi delle operazioni di pulizia della costa alle compagnie petrolifere.

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L’incidente della Sea Empress avvenne all’ingresso del porto di Milford Haven, sulle coste della contea di Pembrokeshire

Un altro famoso incidente fu quello della Sea Empress, una petroliera monoscafo che si arenò all'ingresso del porto di Milford Haven, sulla costa sud-occidentale del Galles, nel febbraio 1996. La conseguenza fu una enorme fuoriuscita di greggio devastò una considerevole area della costa locale e anche in questo caso morirono molti uccelli marini.

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Il disastro ambientale più grave mai registrato, però, risale al 2010, negli Stati Uniti. Il 20 aprile di quell'anno la piattaforma petrolifera Deepwater Horizon stava completando la perforazione del Pozzo Macondo su un fondale profondo 400 metri al largo della Louisiana. Fu una gigantesca esplosione la causa dell'enorme disastro ecologico e umano di quel giorno, dove 11 persone persero la vita e l'ambiente venne deturpato irrimediabilmente.

Le prime specie animali vittime del disastro furono quelle di dimensioni più piccole e alla base della rete alimentare, come il plancton. Poi sono seguite le specie di dimensioni via via maggiori, contaminate direttamente dagli idrocarburi e dalle sostanze chimiche disperse in acqua, o indirettamente per via di un fenomeno chiamato "biomagnificazione". Con questo termine si intende l'accumulo di sostanze dannose all'interno dei predatori all'apice della rete alimentare, compreso l'uomo. Gli animali si nutrono di grandi quantità di altri organismi contaminati che, a loro volta, si cibano di altri organismi che hanno ingerito le sostanze chimiche dannose.

Il danno che fa il petrolio alle piume degli uccelli

Ciò che accade dopo un disastro del genere coinvolge spesso associazioni di volontariato, organizzazioni specializzate e personaggi pubblici e privati che sono costretti a rimboccarsi le maniche per attenuare il più possibile gli inevitabili danni. Anche la ricerca, però, non si tira indietro e il compito degli scienziati è studiare approfonditamente tutto ciò che ruota intorno a fenomeni simili.

I ricercatori dell'University College Cork, dunque, hanno voluto quantificare con precisione quale potesse essere il danno che fa il petrolio grezzo agli uccelli marini raccogliendo le piume dalle berte, una specie ritenuta a rischio proprio per colpa di catastrofi simili. Gli esperti hanno esaminato le piume per vedere quanto velocemente l'acqua passasse attraverso di esse dopo l'esposizione a diverse concentrazioni di greggio, valutando anche eventuali alterazioni della loro struttura microscopica.

Alla fine degli studi i risultati sono stati scioccanti: una sottile lamina di petrolio di uno spessore tra 0,1 e 3 micrometri è sufficiente per danneggiare le piume. Uno fra gli effetti più gravi riguarda l'impermeabilizzazione delle piume, elemento essenziale per tutti gli uccelli, specialmente quelli marini, animali in costante contatto con l'acqua. Questa, penetrata attraverso le piume, rende gli animali più pesanti impedendo il corretto galleggiamento sul pelo dell'acqua e li espone ad abbassamenti repentini di temperatura.

Siamo ancora ben lontani da renderci indipendenti da questa fonte combustibile e in futuro è sempre presente la possibilità che accadano nuovi sversamenti. Proprio per questo motivo è necessario continuare a regolamentare il più possibile il trasporto di una sostanza così pericolosa, con la speranza di poter far meno di lei un giorno non troppo lontano.

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