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4 Aprile 2022
12:51

Un nuovo studio spiega le braccia corte dei T. rex

Le braccia corte dei tirannosauri sono un enigma da decenni per la paleontologia moderna. Secondo il paleontologo Kevin Padian la riduzione delle dimensioni degli arti anteriori ha favorito la sopravvivenza dei T. rex durante le cruente frenesie alimentari dei branchi.

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Immaginate un rettile gigantesco di 7 tonnellate, con delle terribili fauci munite di zanne affilate lunghe dodici centimetri e… delle cortissime ed "inutili" zampe anteriori!

Una delle caratteristiche più famose del Tyrannosaurus rex sono le sue corte braccia anteriori, così sproporzionatamente piccole da diventare iconici elementi di scherno per un animale decisamente terrificante. Se noi umani avessimo le stesse proporzioni corporee dei tirannosauri, avremmo braccia lunghe poco più di 10 centimetri per capirci.

Per decenni la funzione di queste zampe è stata al centro di un acceso dibattito tra paleontologi. Ora una nuova convincente spiegazione arriva dai ricercatori dell'Università della California.

Gli esperti ritengono che i T. rex, animali sociali e gregari, abbiano dovuto adattarsi ai cruenti "banchetti" ed agli scontri con altri esemplari durante l'alimentazione. In tali circostanze gli arti potevano andare incontro a ferite e lacerazioni: una loro riduzione ha diminuito la probabilità di gravi infezioni.

Questa teoria è stata recentemente spiegata in un articolo pubblicato su Acta Palaentologica Polonica.

Braccia corte, grandi fauci

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Un esemplare museale quasi completo esposto negli Stati Uniti

Il tirannosauro rex era il predatore più feroce del suo tempo, il "signore" delle catene alimentari degli ecosistemi di fine Cretaceo, fino all'estinzione di massa che pose cruentemente termine all'Era dei dinosauri. Il suo ruolo ecologico è evidente osservando gli esemplari museali fossili che sono arrivati fino a noi. Ammirando questi carismatici predatori preistorici una domanda sorge spontanea: perché le braccia del Tyrannosaurus rex sono così ridicolmente corte?

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Le corte zampe anteriore di un T. rex

I primi fossili di T. rex ritrovati alla fine dell' 800 erano totalmente mancanti di molte parti corporee e quale fosse il loro aspetto reale è stato un mistero fino al 1989, quando venne portato alla luce "Wankel rex", un esemplare quasi completo. Osservando le piccole zampe anteriori, la prima idea dai paleontologi fu quella dell'organo vestigiale, cioè di un "rimasuglio" evolutivo non più utilizzato ma non ancora perso. L'ipotesi fu presto scartata: le ossa presentavano però ampie aree per l'attacco di robusti muscoli.

Rimane aperto il dibattito su quale potesse essere la loro funzione e nel corso degli anni sono tanti le idee che sono spuntate, come ad esempio per fermare il partner durante l'accoppiamento, per trattenere le prede o per permettere agli animali caduti di rialzarsi.

Per il paleontologo Kevin Padian, autore principale dello studio, le braccia del T. rex si sono ridotte in lunghezza per prevenire l'amputazione accidentale o intenzionale durante le frenesie alimentari.

Immaginate quanto dovesse risultare cruento un branco di T. rex in alimentazione su una carcassa: questi animali avevano mascelle capaci di frantumare le ossa. «Hai un mucchio di teschi enormi, con mascelle e denti incredibilmente potenti che strappano e masticano carne e ossa proprio accanto a te. E se il tuo amico lì pensasse che stai diventando un po' troppo vicino? Potrebbero metterti in guardia tagliandoti il ​​braccio», ha spiegato Padian nell'articolo. «Quindi, potrebbe essere un vantaggio ridurre gli arti anteriori, dal momento che non li stai comunque usando nella predazione». Gravi ferite da morso possono infatti causare infezioni, emorragie, shock e infine la morte.

Padian ha notato che i predecessori dei tirannosauri avevano braccia più lunghe, quindi ci deve essere stata una ragione per cui sono stati ridotte sia in termini di dimensioni che di mobilità articolare. Le precedenti ipotesi possono spiegare perché si sono "mantenute" corte ma non perché poi sono diventate così corte nel corso dell'evoluzione della loro famiglia.

Come i coccodrilli e i draghi di Komodo

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Analogamente, molti rettili attuali si scontrano mossi dalla frenesia alimentare

L'ipotesi di Padian ha oggi delle analogie con altri grandi rettili predatori. Il drago di Komodo (Varanus komodoensis), diffuso in alcune isole indonesiane, caccia in gruppo e, quando uccide la preda, vari esemplari si riuniscono sulla carcassa. Gli scontri sono all'ordine del giorno, come del resto succede anche tra coccodrilli e tra alligatori. Lo stesso potrebbe essere vero per T. rex e altri tirannosauridi, che apparvero per la prima volta nel Giurassico superiore e raggiunsero il loro apice nel Cretaceo prima di estinguersi durante il cataclisma di fine Mesozoico.

Stabilire con fermezza l'ipotesi non è un compito semplice, ma si potrebbe trovare un'indizio a riguardo se gli esemplari dei musei di tutto il mondo fossero controllati per individuare segni di morsi. «Le ferite da morso sul cranio e su altre parti dello scheletro sono ben note nei tirannosauri e in altri dinosauri carnivori – ha detto il paleontologo – Se sono stati trovati meno segni di morsi sugli arti ridotti, potrebbe essere un segno che la riduzione ha funzionato».

Ma Padian non si illude che la sua idea sia la fine della storia. Secondo l'autore infatti sarà difficile riuscire ad arrivare ad una spiegazione totalmente soddisfacente dopo 65 milioni di anni, ma nella scienza è importante offrire sempre punti di vista differenti: «Raccontiamo molte storie come questa sulle possibili funzioni del T. rex perché è un problema interessante. Ma stiamo davvero guardando il problema nel modo giusto?».

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