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6 Ottobre 2024
10:00

Le 5 creature animali più bizzarre del Medioevo

Durante il Medioevo i principali testi esistenti per studiare la fauna e la flora del pianeta erano i bestiari, che raccoglievano tuttavia anche numerose leggende e creature mitiche.

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Il Medioevo è stato uno dei periodi più importanti per la storia europea i cui molte scienze, come la matematica o la botanica, si sono sviluppate seppur l'ignoranza, l'impossibilità di viaggiare e l'oscurantismo (spesso sostenuto dalle religioni) abbiano segnato pesantemente il progresso culturale dell'epoca.

Per capire appieno come procedeva il progresso scientifico all'epoca è interessante analizzare il contenuto dei bestiari medioevali. Oggi consideriamo questi tomi colorati come un insieme di manoscritti al cui interno si nascondono le descrizioni e le immagini di animali che consideriamo mitici o leggendari ma che in quel periodo venivano considerati dei veri e propri saggi scientifici su organismi viventi provenienti da paesi esotici, pari agli attuali testi di zoologia.

L'origine dei bestiari la si deve ai monaci benedettini e agli uomini di cultura che cominciarono a realizzare diversi testi in cui raccoglievano le informazioni provenienti dalle leggende e dalle opere classiche come "Il Fisiologo" del III d.C. e i vari testi di Plinio il Vecchio e di Lucrezio. Ciò tuttavia provocò "la nascita" di nuove creature, visto che buona parte degli animali mitici vennero riletti considerando i dettami religiosi provenienti dalla Bibbia e le poche informazioni che raggiungevano l'Europa dal sud del mondo.

Fra le creature presenti nei bestiari medievali ne vennero descritti alcuni davvero bizzarri, così tanto strani da essere entrati nell'immaginario collettivo come antenati dei mostri moderni che popolano i romanzi horror o di fantascienza. In questo faremo cinque esempi di queste creature che per molto tempo furono considerate realmente esistenti.

Monocero

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Il Monocero è una delle creature più famose all'interno dei bestiari medievali. Descritto per la prima volta da Plinio il Vecchio nel suo Naturalis Historia, attorno al I secolo d.C., viene oggi spesso confuso con l'unicorno, seppur siano due creature completamente differenti.

Secondo Plinio e i vari autori medievali, il Monocero aveva il corpo di un cavallo ma anche le zampe di elefante, una coda di cinghiale, una voce simile a quella di un orso e una testa come quella di un cervo nobile europeo da cui spuntava sulla fronte un lungo corno scuro, attorcigliato su sé stesso, dalle proprietà magiche. Era quindi una creatura molto più bizzarra rispetto all'unicorno che aveva "solo"queste ultime associate al corpo di cavallo e al corno sulla fronte.

Si credeva anche che il Monocero vivesse in India e che fosse praticamente impossibile da abbattere visto che la sua pelle era capace di respingere qualsiasi tipologia di attacco. Questo animale mai esistito aveva anche un carattere ambiguo: talvolta aiutava coloro che si perdevano nella giungla, mentre in altri casi attaccava gli intrusi, sfruttando la stazza e il lungo corno.

L'Ippopotamo medievale

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Durante il medioevo si avevano pochissime conoscenze relative alla fauna dell'Africa meridionale e spesso le descrizioni effettuate dagli esploratori romani erano andate perdute, garantendo agli artisti che lavoravano ai testi dei bestiari la libertà d'interpretare come volevano le poche informazioni che avevano.

Fu così che uno dei mammiferi più famosi dell'Africa, l'ippopotamo – presente anche nell'Egitto appena conquistato dagli eserciti islamici –  venne descritto come un vero e proprio mostro marino, per quanto alcuni esemplari avessero raggiunto in passato l'Italia per essere sfruttati durante i giochi gladiatori.

Gli ippopotami descritti in questi manoscritti hanno quindi spesso la forma di un pesce, sebbene dispongano ancora di alcune zampe, di una pelliccia, zanne e di un lungo corno arcuato. In poche parole, l'animale descritto in questi testi sembra essere uscito direttamente dalla fantasia dei monaci medievali, poiché non si fa alcun riferimento alla "pelle glabra e lucida" e alla bocca "ampia e ricolma di zanne" che venivano descritte nei testi romani.

L'ostrica

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Una sorte molto particolare ebbe invece l'ostrica, un comune bivalvo che oggi è molto diffuso in varie parti del mondo per via della sua importanza commerciale. Diversi bestiari medievali lo descrivono correttamente, dimostrando che la conoscenza effettiva di questo animale non si era persa, soprattutto nei paesi che si affacciavano sul mar Mediterraneo e sull'oceano. Tuttavia la situazione era molto diversa per quanto riguarda i paesi interni dell'Europa o per i regni sassoni dell'Inghilterra, in cui i monaci non potevano disporre di ostriche appena pescate.

Fu per questa ragione che in alcuni manoscritti l'ostrica fu disegnata come una sorta di conchiglia con una faccia o come una palla dotata di una bocca.

Anfesibena

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L'anfesibena o anfisbena era un mitico serpente dotato di due teste che si credeva vivesse in alcune regioni dell'Africa settentrionale. Secondo la leggenda, l'antenato di questo animale fu generato dal sangue gocciolato dalla testa di Medusa quando venne uccisa da Perseo che in seguito volò sopra il deserto libico in groppa a Pegaso per annunciarne la morte.

Questo serpente venne anche descritto da Plinio e viene citato nell'Inferno da Dante Alighieri nel 24° canto. L'anfesibena divenne subito un simbolo molto usato nell'araldica medievale, mentre il mito racconta che il veleno di questo serpente era in grado di uccidere due volte più velocemente una persona rispetto a quello di un'altra specie.

Si credeva inoltre che le due teste avessero "sessi differenti" e che quindi l'animale fosse costantemente in conflitto con se stesso, attorcigliandosi nel tentativo di sopprimere l'uno l'altro lato. Ciò produsse altre leggende successive come quella dell'Uroboro, il serpente che si mangia la coda e che rappresenta la ciclicità della natura e l'infinito.

Sciapode

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Una delle creature più mostruose dei bestiari medievali è però lo Sciapode, un simil essere umano dotato di una sola gamba e di un solo enorme piede, capace di fare degli enormi balzi in avanti e di uccidere un cavallo con un solo unico calcio. I monaci medievali credevano che folte popolazioni di queste creature abitassero l'India meridionale, tanto che Marco Polo si stupì tantissimo quando giunto nel paese (sbarcò a Calicut durante il suo viaggio di ritorno) gli venne spiegato che non esistevano.

I primi a descrivere questi esseri mitologici furono come sempre i greci e i romani, tra cui Filostrafo, Aristofane –  che li citò nella sua opera satirica "Gli uccelli" – e Plinio il Vecchio. Anche però i primi autori cristiani li descrissero come se appartenessero a una popolazione davvero esistente di esseri umani, come Sant'Agostino, che li menziona nel sedicesimo libro della "Città di Dio".

Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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